Giorni feriali

Fabio Orrico è un cultore del cinema e della poesia (ho già recensito una sua opera poetica che consiglio vivamente, qui). Apprezzo anche i suoi interventi critici, ma non avevo mai letto un suo romanzo prima d’ora. Eccolo: in questo Giorni feriali (Italic), dove non c’è nulla di superfluo oltre un racconto dalla trama precisa che scorre implacabile senza nessun momento morto, confluisce la sua passione per il cinema che si traduce in una narrazione molto visiva (show, don’t tell). L’ambiente descritto è la provincia romagnola, i temi le cose tangibili di tutti i giorni, le attese, le speranze, le disillusioni, i mutui da pagare e i soldi che non bastano mai, il lavoro precario, le relazioni che si sfaldano, la vita nel suo incedere ora veloce ora stanco, nel logorio che coinvolge tutto, anche la memoria. I personaggi perlopiù cameriere, operai, impiegati alle prese con amori e disamori su vecchie auto in esplorazione di periferie, in lotta contro la precarietà, il tutto reso tramite una lingua colloquiale, viva. Mi è venuto naturale all’inizio della lettura pensare alle atmosfere di Cattedrale di Carver (qui), poi però sono stata trasportata in altre direzioni. Nella prosa di Orrico non c’è alcun atteggiamento snobistico, si avverte invece l’interesse per la letteratura cosiddetta “di genere” e la cultura pop, soprattutto americana. Si passa così da situazioni scanzonate ad altre più grottesche, dalla nostalgia romantica ritmata dal sottofondo di Rust never sleeps di Neil Young fino al lieto fine da commedia brillante. E poi quel titolo che richiama la curiosa etimologia di feria/feriale con due diversi e opposti significati, ossia “feriale” inteso come giorno non festivo della settimana e “feria” come giorno di vacanza. Il sostantivo feria indicava nel mondo romano il giorno dedicato al culto, poi col cristianesimo è passato a indicare i giorni della settimana (esclusi il sabato e la domenica) distinti con un numero progressivo (feria secunda etc).

Il protagonista maschile Emi (il romanzo viene condotto secondo il suo punto di vista, lucido e al tempo stesso disincantato e ironico) anche quando è in ferie vive giorni feriali, ovvero lavorativi. Le sue ferie se non altro sono utili a chiudere con il passato, a fare ordine e chiarezza, sfogarsi con un senso di soddisfazione che il lettore vive sulla sua pelle per osmosi, soprattutto nelle situazioni fuori dall’ordinario e al limite del criminale (un po’ come avviene nel finale del film Joker), tutti ingredienti che rendono Giorni feriali perfetto per farne un film, una commedia un po’ d’azione un po’ grottesca con un pizzico di romanticismo e pure di BDSM. Ferie dunque non come vacanza ma, al contrario, come occasione per riempire vuoti, appianare e risolvere conflitti, seppur tramite azioni scriteriate (se poi ti capita una proposta che non si può rifiutare che fai?), per esempio: introdursi in casa altrui per sottrarre una penna erede del più famoso piatto di legumi; andare a un rave o in un locale per scambisti (le possibilità di svago sono infinite); passare una notte in gattabuia o andarci vicino per aver tirato pugni liberatori sul grugno del gorilla (o della scimmietta) che ti ha rovinato la vita. Ma tanto la vita va in rovina lo stesso, e allora meglio godersele queste benedette ferie e passarsi qualche sfizio che ogni cosa va e viene e le sberle una volta si prendono e un’altra volta si danno, oggi ti lasciano domani sei tu che scappi, non sia mai che trovi un amico lì fuori pronto a salvarti la pelle, o un nuovo amore, addirittura. In fondo, tutto è possibile, ogni giorno, specie in un romanzo.

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