Versi scelti da Poesie (Libro de poemas) di Federico García Lorca (Newton Compton, 1976) a cura di Claudio Rendina.
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Lungo l’angusto sentiero
ho visto meditabondo
il buon lucertolone
(goccia di coccodrillo).
Con la sua giubba reale
di abate del diavolo,
l’aspetto corretto
e il colletto inamidato,
ha un’aria tanto triste
da vecchio professore.
Quegli occhi miseri
da artista fallito,
come guardano la sera
illanguidita!
***
Principessa innamorata e mal corrisposta.
Garofano rosso in una valle profonda e desolata.
La tomba che ti chiude trapela la tua tristezza
attraverso gli aperti occhi del marmo.
***
Il diamante d’una stella
ha segnato il cielo nel profondo,
uccello di luce che desidera
evadere dall’universo
e fugge dall’immenso nido
dove era prigioniero
senza sapere che porta legata
una catena al collo.
Cacciatori extraumani
vanno a caccia di stelle,
cigni d’argento massiccio
nell’acqua del silenzio.
***
Covo di moribonde idee
di pegasi senza freno.
Groviglio di memorie
e deserti perduti nella nebbia
dei sogni.
***
Il passato sta
sotto una corazza di ferro
e tappa le sue orecchie
con cotone di vento.
***
Era dolce l’Apostolo divino,
ancor più della luna di gennaio.
***
Con una palpebra coperta
d’ombra, guardi
come un’archeologica
pupilla.
Forse sei…
(Satana è guercio)
una reliquia.
***
E allora, luna
bianca,
verrà il regno puro
della cenere.
(Avrete già capito
che sono nichilista.)
***
La canzone dell’acqua
è cosa eterna.
***
La sola perfetta condizione
è bere acqua
***
(Mani bianche, lontane,
frenate le acque.)
***
Sono poeti dell’acqua che hanno visto e meditano
ciò che la massa dei fiumi non sa.
***
Cosa hai nelle tue mani
di primavera?
IO
Una rosa di sangue
e un giglio.
***
Donna Morte, piena di rughe,
se ne va tra i salici
con un corteo assurdo
di illusioni inverosimili.
Va vendendo colori
di cera e di tempesta
come fata di una leggenda
cattiva e imbrogliona.
***
La scienza del silenzio di fronte al cielo stellato
solo il fiore e l’insetto la posseggono,
la scienza del canto per il canto la posseggono
i rumorosi boschi
e le acque del mare.
Il silenzio profondo della vita in terra
ce lo insegna la rosa
aperta nel rosaio.
***
Tutta la mia sofferenza, mio Dio, si deve perdere
come si perde il dolce suono delle fronde?
***
Potranno mai capire le mie dolci foglie
il segreto dell’acqua?
Le mie radici penetreranno nei regni
dove nasce o prende forza?
***
Il mare
è il Lucifero dell’azzurro.
Il cielo caduto
per il desiderio d’essere la luce.
***
Quanti figli ha la Morte?
Stanno tutti nel mio petto!
***
Spunta dal monte la luna,
col suo volto bonaccione
di tardona.
***
Nell’umida tristezza
il vento disse:
« Sono tutto di stelle liquefatte,
sangue dell’infinito.
***
Le cose che se ne vanno non tornano piú,
tutti lo sanno,
e fra l’illustre massa dei venti
a nulla serve lamentarsi.
***
Tutti gli occhi
stavano aperti
di fronte alla solitudine
sbiadita del pianto.
***
Un cane di campagna
vuole mangiarsi Venere e le abbaia.
Brilla sopra il suo campo di pre-bacio,
come una gran mela.
Nell’immagine in foto un’opera di Giovanni Proietto