Ricordi di vite poetiche

Ricordi e riflessioni di dodici poeti (Ed. Prova d’autore, AA.VV., 2022) è un libro corale dalle voci maschili e femminili (eccoli: Aglieco, Allotta, Bommarito, Contiliano, Digiacomo, Dormiente, Gerbino, Maugeri, Nicolosi Fazio, Paradiso, Romano, Zinna). Mario Grasso, curatore del libro, nella sua lunga prefazione dice “La verità offende”, come è stato e come sarà, specie quando si prova a esprimerla attraverso l’oscuro, simbolico, impreciso e perfettissimo linguaggio poetico. Ma di che verità parliamo? Di quella personale, sicuramente irripetibile, ma paradigmatica offerta dal vissuto del poeta. Mario Grasso accenna a quel Nuovo Umanesimo (espressione che personalmente mi inquieta ed evoca scenari apocalittici) usa e getta, il consumismo imperante cioè, quanto di più lontano possa esserci dalla poesia; tanto vale allora fare un tuffo nel passato per non dimenticare quanto di buono c’è stato e ci sarà, che il passato è sì abitato da fantasmi, ma anche da visioni, ricordi tattili, odori ed essenze meravigliose, sapori di cannoli e cuddureddi, sensazioni che lasciano un’impronta, umana soprattutto, che muta continuamente lasciandoci sospesi, in quell’interregno incerto tra l’ora e il domani, in preda alla tentazione del “nulla potrà più esserci”, e invece no, si va avanti sempre, con o senza di noi in attesa di questa benedetta fine dei tempi, anch’essa sicura e parzialmente inesistente. Ma cosa leggiamo in questo libro? Si spazia dalla prosa poetica, già poesia, al tentativo di descrivere il proprio personale sentire poetico agli inevitabili cenni autobiografici, tra ricordi adolescenziali, alla scoperta di un’epoca passata, tracciando una Sicilia ripercorsa attraverso l’evocazione dei luoghi del cuore, reali e letterari, uno spazio spirituale ma anche concreto, politico addirittura, fino a incursioni nell’attualità. I toni possono essere ora più ironici ora più sentimentali, i racconti abbozzi di narrativa possibile e verissima, il risultato un com’eravamo e un come siamo senza accenti patetici, ché la nostalgia è qualcosa di nobile ed eminentemente umano, di certo una testimonianza interessante da custodire e integrare a questo nostro presente dove di bellezza rischiamo di perdere memoria e traccia. Appunto, la memoria tanto cara a Proust, quel difetto sublime che consiste nell’asimmetria tra percezione e reale. I poeti ci accompagnano tra “autoritratti feroci”; “adattamenti”, “smottamenti psicologici, ricordi come frammenti”; elenchi di filosofi e colleghi in versi (adoro questo tipo di scambio), uomini che hanno tentato l’impresa di descrivere a parole l’inconoscibile; e ancora compleanni che celebrano numeri importanti, ottanta, c’è chi può vantarne ben novanta, portati tutti con eleganza e classe; e poi un dovuto accenno a quella morte a cui dobbiamo pur pensare, impossibile sottrarsi a tale onere parlando di vita. Vale la pena raccontare una vita? Senza dubbio: la quotidianità è sempre un’esperienza straordinaria. È possibile condensare un’intera esistenza in poche pagine? No, eppure è ciò che da sempre cercano di fare la narrativa e la poesia: narrare una storia, rendere a parole il più intimo sentire umano, il suo passaggio su questa terra.

2 commenti

  1. Una segnalazione libraria che è una vera e propria “radiografia” del libro. Giusi Sciortino pratica una consuetudine di approfondimenti straordinari in tutte le sue letture analitico-critiche. Questa recensione è un modello dello stile magico di Giusi Sciortino.

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