Quarto opercolo: “L’impavida direttrice dell’ufficio postale del Giambellino”

Ecco il numero di giugno di Ce.S.P.O.L.A., “notiziario” periodico mensile cartaceo di carattere satirico. Il mio articolo: “L’impavida direttrice dell’ufficio postale del Giambellino per la rubrica di cronache fantastiche Opercoli:

Ognuno ha le sue manie, nevrosi, idiosincrasie. Personalmente, ci sono rumori che mi danno sui nervi, per esempio: masticazione, fischiettii, sbadigli. Per una giornalista, seppur di fantacronaca, a cui gioverebbe una spiccata ricettività, un gran difetto. Ne ho altri (a parte la momentanea autoreferenzialità), oltre a qualche pregio, predilezioni e tic: adoro calembours e libri rari, principalmente di poesia; sono però spesso vittima di lapsus freudiani (veri e presunti), misunderstanding, understatement, dimenticanze e leggerezze che originano intemperanze, equivoci, quiproquò. Litigo talvolta, in maniera più o meno bonaria, specialmente se mi sento attaccata o trattata ingiustamente. Niente rispetto a ciò a cui ho assistito qualche giorno fa, un fatto di cronaca minimo in sé, ma rilevante per rendere il clima di ostilità che si è venuto a creare tra umani. Per farla breve, dopo colazione mi ero recata all’ufficio postale del Giambellino a ritirare le copie della mia ultima fatica letteraria, quando si è venuta a creare una rissa per via di questioni di precedenza, proprio come accadeva nei Promessi Sposi al riccastro Lodovico indotto dall’orgoglio a battersi in duello contro il nobilotto che pretendeva gli venisse ceduto il passo, prima di convertirsi e divenire fra Cristoforo. Allo stesso modo, la direttrice inibiva l’accesso a una signora che, invece di aspettare fuori come gli altri, si risolveva a varcare la soglia della posta. Ho atteso che anche in questa contesa si verificasse una forma di epifania, invece niente. La signora esasperata dal tono insolente della direttrice ha bollato quest’ultima con un epiteto infamante: «Fascista!». «L’antifascismo ha fatto il suo tempo», si è schermita incautamente l’altra. La situazione è subito precipitata. «Lei è una stronza», ha rincarato la dose la cittadina «ma io sono pazza!». Una minaccia e un’ammissione preventiva di colpa. Da quel momento è stato tutto uno stracciarsi di mascherine e accalcarsi con soddisfazione ed esultanza degli astanti ormai sodali della ribelle, le fronti madide di sudore e l’afrore dei primi caldi estivi. Lo ammetto, anch’io mi sono fatta prendere dall’eccitazione e assieme alla folla ho sfondato la barriera invisibile tra la fila fuori e quella dentro, intanto che la direttrice abbandonava il campo di battaglia infischiandosene delle sue regole, della struttura, del buon esempio. In definitiva, una mattinata campale che, oltre a dare conto della pericolosità degli uffici pubblici, mi ha lasciato diversi interrogativi. In particolare, mi chiedo se sia moralmente più accettabile farsi garanti d’inutili divieti applicati a norma di legge oppure promotori di sacrosante quanto maldestre infrazioni. Forse, come diceva Pier Paolo Pasolini in Petrolio «il mondo non può essere reso sicuro né per la democrazia né per qualsiasi altra cosa». Aggiungo io: poveri i pavidi e stolti gli impavidi che non sanno che la conoscenza è la vera forza, l’unico potere la sapienza.

Giusi Sciortino

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