Contro ogni tipo d’infingimento, una poesia dedicata a tutti gli uomini (e le donne) di naso corposo e spirito vigoroso del poeta spagnolo Francisco de Quevedo Villegas (Madrid, 14 settembre 1580 – Villanueva de los Infantes, 8 settembre 1645), scrittore e poeta satirico barocco, politico, poliglotta, cortigiano, teologo e filosofo. Nessuna traduzione trovata mi convinceva totalmente, quindi ecco la mia, dilettantesca ma appassionata, da donna di naso.
A un hombre de gran nariz
Érase un hombre a una nariz pegado,
Érase una nariz superlativa,
Érase una alquitara medio viva,
Érase un peje espada mal barbado;
Era un reloj de sol mal encarado.
Érase un elefante boca arriba,
Érase una nariz sayón y escriba,
Un Ovidio Nasón mal narigado.
Érase el espolón de una galera,
Érase una pirámide de Egito,
Los doce tribus de narices era;
Érase un naricísimo infinito,
Frisón archinariz, caratulera,
Sabañón garrafal morado y frito.
***
A un uomo dal grosso naso
Era un uomo ficcato a un naso,
Era un naso superlativo,
Era un alambicco mezzo vivo,
Era un pesce spada dalla brutta barba;
Era una meridiana spuntata.
Era un elefante a faccia in su,
Era un naso da boia e scriba,
Un Ovidio Nasone mal nasato.
Era lo sperone di una galea,
Era una piramide d’Egitto,
Era la narice di dodici tribù;
Era un nasismo infinito,
Cavallo Frisone arci-nasato,
Gelone gigantesco, viola e fritto.
***
Giusi Sciortino

Nell’immagine in evidenza: Federico da Montefeltro, da Doppio ritratto dei duchi di Urbino di Piero della Francesca databile al 1465-1472 circa. Sopra: ritratto di Francisco de Quevedo Villegas attribuito a Juan van der Hamen.