“Guglielmo e il Drago” – I racconti di mio padre (versione natalizia)

Niente vacanze natalizie fuori dalla terra lombarda, mi accontento di lunghe passeggiate e chiacchierate telefoniche per viaggiare con la mente. Chiamo i miei, si parla del più e del meno, aspetto che mio padre mi regali una delle sue perle. Mi chiede se ho scritto la storia del Malo. Sì, rispondo. Gliela faccio leggere. Eccola qui a futura memoria. Qualcosa nel racconto però non lo convince. Domanda: sei sicura di aver riportato le mie parole? No, anch’io lavoro di fantasia, da qualcuno dovevo pur prendere. Per sicurezza, gli chiedo di espormi nuovamente la storia. Tira fuori dal cilindro una versione nuova di zecca, vera bellezza della tradizione orale popolare, questa:

Guglielmo il Malo (variante)

C’era una volta il re Guglielmo detto il Malo (lu Malu, in siciliano). Circa un millennio fa, governò la Sicilia. A causa della sua cupidigia, tartassò e impoverì il popolo. Spogliò tutti, belli e brutti, vivi e morti, nessuno durante il suo regno ebbe più un soldo. Ci fu il caso di un morto a cui i figli avevano lasciato nel taschino del gilet una monetina da 5 tarì, un piccolo lasciapassare per l’altro mondo. Quando il Malo impose un nuovo balzello, i poveri orfani, ormai allo stremo delle forze, furono costretti a depredare le spoglie del padre degli unici averi rimasti, ovvero i 5 tarì. Un funzionario del Malo, venuto a sapere dell’entrata, volle sapere quale fosse la fonte dei proventi. I sudditi confessarono immediatamente. L’episodio arrivò alle orecchie del re che, resosi conto della drammatica situazione in cui versava la popolazione, amareggiato disse: «Basta tasse! Avevo già spogliato i vivi, ora ho spogliato anche i morti.»

“Lu jornu di lu curri curri”

La storia del Malo fa riflettere. Si parla di questi sciagurati tempi, le penose condizioni dei lavoratori, gli aumenti in bolletta. Tutti (si spera) conoscono il fenomeno delle rivolte dei fasci siciliani (1), ma chi ricorda “lu jornu di lu curri curri” (il giorno del corri corri)? Me lo narra mio padre, non testimone oculare, bensì erede di tradizione orale. In tempi non troppo lontani (non sa specificare, più o meno a fine Ottocento, periodo postunitario, forse lo stesso in cui si svilupparono i fasci), in un luogo non meglio precisato della Sicilia, scoppiò una rivoluzione popolare contro i farmacisti, colpevoli, a quanto pare, di aver preso ad avvelenare gli abbeveratoi tutti i giorni, al mattino e al tramonto, proprio quando i contadini si recavano al lavoro e quando rincasavano. Nient’altro che l’applicazione di una comune tecnica di guerra: avvelenare i pozzi. I governanti erano i mandanti, i farmacisti gli esecutori, il popolo rivoltoso il nemico da combattere. Ben presto la voce si sparse, ci fu chi vide e chi seppe. Scoperta la congiura, la gente cominciò a uscire dalle case, a correre furiosamente per le strade alla ricerca dei traditori. Proprio come per il Malo, nemmeno per questa storia ho trovato attestazioni. Gradite informazioni da chi ne avesse a disposizione.

San Giorgio e il drago

Tavola di Battista da Vicenza, (Vicenza 1375? – 1438): San Silvestro papa debella il drago della rupe Tarpea

Mio padre mi chiede se conosco la storia di San Giorgio e il drago. E io: cosa? Guglielmo e il drago? No, precisa, San Giorgio e il drago (2). Scopro che questo culto esiste anche in Sicilia. Non ne sapevo niente. Pare che San Giorgio, prima d’intraprendere la sua carriera di cavaliere e santo, fosse stato pastore alle pendici dell’Etna; qui, sfidato tre volte dal diavolo in persona, vinse in furbizia. Ringrazio mio padre per queste notizie, chiedo cosa lo abbia ispirato. È andato in chiesa, racconta, un fedele si è avvicinato e lo ha redarguito: scusi signore, deve portare la ffp2. E lui: la ffp2? Cos’è, una pistola? Per fortuna, contro i draghi inutili museruole, armi, estintori: meglio croci e orazioni.

1 Premessa necessaria: niente a che vedere con il fascismo. Il movimento dei fasci siciliani dei lavoratori fu ispirato da ideali democratici e socialisti e raccolse le rivendicazioni dei lavoratori, in larga parte braccianti, operai, minatori. Si sviluppò in Sicilia dal 1889 al 1894 e fu duramente represso dal governo di Francesco Crispi.
2 Tra i santi sauroctoni (ovvero uccisori di draghi) il più conosciuto è San Giorgio, patrono d’Inghilterra e del Portogallo, ma ci sono anche San Teodoro, San Silvestro e Santa Margherita. Leggenda vuole che San Silvestro, ovvero il pontefice Silvestro I, intorno al IV secolo dopo Cristo, si recasse sul monte palatino, nei pressi della grotta dove si rifugiava la bestia demoniaca armato solo di una croce. Grazie all’aiuto della Vergine, il mostro fu ammansito, legato al guinzaglio e ucciso. Ricordiamo pure l’arcangelo Michele che sconfisse il drago dell’Apocalisse. Il cavaliere Giorgio abbatté il drago che minacciava la città di Selem, in Libia. La creatura veniva placata tramite sacrifici umani di cui non era mai sazia, tutte vittime di giovane età. San Giorgio a cavallo, grazie al suo salvifico intervento, riuscì a neutralizzare la crudele bestia e a salvare la figlia del re. Il miracolo fece sì che l’intera popolazione si convertisse al cristianesimo. La vicenda rappresenta il trionfo del cristianesimo contro le forze del male. San Giorgio è patrono della città di Modica (Ragusa).

Nella foto in evidenza San Giorgio e il drago, Paolo Uccello, data 1460 circa

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