Milano è una città misteriosa. Leggenda vuole che streghe ed entità maligne abitassero la zona detta del Verziere (alle spalle del Duomo) anticamente sede del mercato ortofrutticolo, oltre che di diversi postriboli. Nella Chiesa di San Bernardino alle Ossa, accanto alla basilica di Santo Stefano in Brolo, c’è un ossario risalente al 1639, interamente ricoperto di teschi e ossa. Nota è la funzione apotropaica che per i fedeli avevano le spoglie. Storie misteriose sono legate a questi luoghi. Nei pressi del complesso di Santo Stefano sorge la statua di Carlo Porta, poeta che dedicò un poemetto alla prostituta detta “Ninetta del Verziere”; poco più oltre c’è una panchina monumentale inaugurata in tempi recenti che ritrae il poeta bulgaro Penčo Slavejkov. Ma chi è questo personaggio misterioso quanto il luogo scelto per celebrarlo? Figlio d’arte, di carattere incline alla tristezza, si appassionò presto ai libri. Un evento traumatico legato all’acqua segnò la sua giovinezza: fu trovato assiderato sulle rive ghiacciate di un fiume e per tutta la vita si trascinò i postumi dell’incidente. Il monumento lo ritrae con il suo inseparabile bastone. Nonostante le difficoltà di salute e la personalità umbratile, ebbe un ruolo culturale di spicco nel suo Paese; per via delle molteplici attività di studio in cui fu impegnato viaggiò molto, fino ad approdare a Brunate, sul lago di Como dove finì i suoi giorni accanto all’amata donna. È curioso notare come nei pressi del luogo scelto per l’ubicazione del monumento fatto erigere in suo onore (tra via Verziere e via Brolo) ci sia proprio una strada chiamata nientemeno che via Laghetto.

Effettivamente, nonostante la zona in questione oggi sia piena di case e palazzi, in tempi lontani fu occupata da una piccola darsena, ovvero il Laghetto di Santo Stefano. Le solite coincidenze significative. In attesa di procurarmi una buona antologia in italiano dei versi di Penčo Slavejkov, pur non avendo alcuna nozione di lingua bulgara, grazie a misteriose ispirazioni ho provato a tradurre qualche componimento tratto dall’opera Sogno di felicità (Сън за щастие, 1907), per esempio Il Lago dorme (Спи езерото), lirica ispirata proprio dal malinconico ambiente lacustre. Ancora l’acqua, l’elemento caratterizzante la vita del poeta.
Il lago dorme; i faggi dai rami bianchi
si flettono come arti contorti
sull’intreccio ombroso riflesso
da bui e silenziosi abissi.
I faggi dai rami bianchi sussurrano e ondeggiano;
il lago giace immobile, nemmeno un sussulto…
Qualche volta la traccia di una foglia
increspa la superficie dell’acqua.
***
Un folle vortice di vita
lo sballotta avanti e indietro –
nel folle vortice di vita
egli vi si è gettato follemente.
Nel folle vortice di vita
dove si fermerà? Su quale riva…
Nel folle vortice di vita
che grava sul defunto senza epitaffio.
***
Nubi nere spirano nel vento,
si avvicina la burrasca;
simili a pensieri scontrosi
gli oscuri Balcani si accigliano.
Meglio uragani vorticosi,
che turbini incoscienti!…
Una bufera di tenebre finisce,
un’anima in tempesta si schiarisce.
***
Oh, c’è un quieto finale magico
e nessuno lo conosce,
dove si trova
un finale magico di riposo e tranquillità?
Vivi, ama, soffri,
spera e desidera –
vi giunge
colui il cui cuore arde
intere foreste pur di arrivarci, –
colui che ama, soffre e vive,
colui che, come me, anela a questo finale.
Bibliografia:
I testi in lingua originale a questo link. Altre opere dell’autore sono consultabili sulla biblioteca elettronica di progetto Gutenberg. In italiano segnalo Poesie / Penčo Slavéjkov; introduzione, traduzioni e note di Leonardo Pampuri (Como: Edizioni New Press, 1990).
P.S.: Traduzione dei testi mia. Invito chiunque volesse proporre versioni alternative a segnalarle pure nei commenti.
In foto: panchina monumentale in onore di Penčo Slavéjkov.