Ho da poco recensito un famoso libro (qui) che prendeva spunto dalla tematica per parlare d’altro, una generale condizione d’incomunicabilità sottesa ai rapporti umani, la fragile e problematica costruzione dell’identità. Mangiare carne (o pesce, che piaccia o no sono animali anche quelli) mi fa senso, con tutto il rispetto per allevatori, macellai, chef, ristoratori e compagnia cantante. Il quadro di Guttuso rende bene uno spaccato veritiero, una tradizione che esiste e rispetto. Tuttavia, per me nulla che abbia avuto un cervello è commestibile, punto e non sono obbligata a spiegarlo ogni volta. Tolstoj si pronunciò così in merito: «noi siamo fieri del progredire della nostra civiltà […], ma osserviamo pure che la nostra esistenza è spesso fondata sui principi più ingiusti e crudeli, e che l’umanità dell’avvenire ne parlerà con la stessa ripugnanza che noi proviamo oggi per la schiavitù e la tortura, come errori di altri tempi, che la civiltà ha abolito». Basti questa come motivazione ideologica. Da parte mia, non tocco carne da più di un decennio, e questo semplice fatto non legittima nessuno a chiedermene conto. Quando sono invitata a cena, a pranzo o a colazione lo dico subito: non mangio né carne né pesce. Non dico sono vegetariana, perché l’affermazione dà puntualmente adito a fraintendimenti, pretestuose richieste di spiegazioni e puntualizzazioni. Non mangio né carne né pesce, in senso letterale: più semplice di così? Eppure… Mettere le cose in chiaro dovrebbe riservarmi dall’avere brutte sorprese, invece più di una volta mi hanno rifilato pezzetti di pesce frullato o camuffato, affettati tagliuzzati, la carne montana, perfino! Non è neanche molto carino essere costretta a una triste insalatina e mozzarella, ma va bene lo stesso. Ci sono persone, civiltà addirittura, la cui dieta non contempla il consumo di carne, è così incredibile? Da piccola la sputavo, proprio così, la nascondevo in tovaglioli di carta e la buttavo nella pattumiera, con buona pace della fame nel mondo. Da adulta non ho più avuto bisogno di questi sotterfugi, soltanto non l’accetto più come cibo. Sembrerebbe un banale fatto privato, invece tutti morbosi, a chiedere motivazioni etiche, questioni di opportunità di dieta o salute, ovviamente solo per cercare di smontare, confutare, contraddire, riprendere, pontificare e allo stesso tempo esibire un cinismo spicciolo, irritante, da quattro soldi, censurato in molti ambiti e applaudito in altri, in questo soprattutto, con una dialettica che ricerca la propria efficacia nella violenza. A costoro, a nome di tutti i vegetariani, dico: fatevi gli affari vostri. Sto benissimo così. Non mi manca nulla, le proteine e quelle altre predichette che i buoni pretini del politically correct alimentare cercano ogni volta di rifilarmi, mi ripugnano. Come se gliene importasse qualcosa della mia salute. Le battute penose, i meme miserabili mi annoiano da morire. Per fortuna nessuno me li manda più. Anche la questione della fantomatica moda è una fesseria: a ogni cena, pranzo, buffet sono sempre l’unica vegetariana. L’accusa più odiosa è il presunto giudizio di cui i vegetariani si macchierebbero nei confronti del resto del mondo. Non è così: non me ne importa niente! Per me la gente può continuare a ingozzarsi di cibo industriale, cadaveri andati a male, grassi saturi e insaturi, metalli pesanti, insetti o prelibatezze stellate senza che me ne importi un fico secco. Pure le prese in giro fintamente bonarie le rimando al mittente assieme all’immancabile «eh, ma pure nei dolci c’è lo strutto», oppure «la borsa di pelle, non va bene neanche quella». Per finire, la sempreverde storiella dell’uomo che caccia fin dalla preistoria; se proprio ci tenete a seccarmi, raccontatemela quando avrete ucciso e sbranato una bestia con le vostre unghie laccate e le protesi dentarie. Allora sì che conquisterete lo status di predatori primitivi. In ogni caso, potete anche evitare l’esibizione dello scempio, sono suscettibile. Se uscite con una persona vegetariana siate comprensivi: lasciatela mangiare in pace.
In foto Vucciria di Renato Guttuso