L’inumano è già qui

Ne L’inumano di Massimiliano Parente c’è un’importante componente metaletteraria, dunque non ci si dovrà stupire se Giusi S., nel libro autrice di libercoli trash a grandi tirature e protagonista di trame atroci, altrimenti pseudonimo del protagonista omonimo dell’autore, trovi una controparte nella dimensione virtuale del social dove ha scoperto Parente, in un paradigmatico ribaltamento, una sorta di paradosso dimensionale degno di un film di Zemeckis. Io sono Giusi Sciortino (Giuseppina), autrice di romanzi dalle bassissime tirature che legge Parente, quello vero, scrittore dalla vocazione scientifica, proprio in un periodo in cui qualcuno parla del premio Strega, ops Strenna, e tutti gli altri di ben più urgenti questioni. Pur nell’iperbole delle situazioni assurde descritte, il libro è verosimile nella resa allucinata dell’isteria derivante da complotti, non più clamorosamente singolari di quelli veri o presunti con cui tutti abbiamo avuto a che fare negli ultimi tempi. Nonostante la laboriosità dell’ordito narrativo che richiama certe atmosfere grottescamente televisive, in realtà il libro è contraddistinto da un impianto ben disciplinato (attraverso ogni capitolo percorriamo ere geologiche e umori variabili). Lo stile è volutamente antiletterario, se si inciampa lungo le pagine non è certo per la lingua, pulita, piana, quasi ordinaria. Il libro procede per due piani narrativi paralleli, quello in corsivo è il più onirico, efferato, ma anche quello dalla tenuta letteraria a mio avviso maggiore. Nella parte in stampatello si ha l’impressione che la tentazione verso l’autofiction si autocensuri, e giustamente, vista la trama; in quanto al pensiero si potrebbe parlare di antiumanesimo splatter, una specie di nichilismo sarcastico. Ciò detto, tutto si può dire tranne che lo scrittore non crei con le parole un suo peculiare immaginario reso con consapevolezza e misura. Come dice Virginia Woolf in una lettera indirizzata a Vita Sackville-West «Lo stile è una questione molto semplice: è una questione di ritmo». L’attenzione preponderante di questo lavoro rimane comunque ancorata ai contenuti, per forza di cose estremi, a volte disgustosi, perfettamente aderenti all’intenzione di creare il senso dell’“inumano”. C’è un’estetica del raccapriccio di cui abbiamo illustri precursori. Probabilmente ci saranno anche gli epigoni, ma Parente li odierà, come odia indistintamente tutti gli scrittori, anche se stesso, dato lo strazio cui sottopone il suo alter ego. Ne esce malissimo (o forse no) perfino Pasolini per il quale il Parente fittizio – immagino anche il reale – elabora una poetica del tutto inedita. Leggendo queste pagine si può rimanere spiazzati dalle situazioni esposte, dove non trova spazio la bellezza, regna piuttosto la misantropia: in pratica un perfetto quadro della contemporaneità. Il percorso evolutivo ha portato alla negazione dell’uomo, alla sua centralità, perlomeno. Eppure, non ritrovo qui l’atomismo sidereo degli abissi dell’animo tormentato, pure nell’esaltazione della scienza ci leggo il predominio dell’intelletto, freddo sì ma pur sempre umano, mentre nella violenza ci vedo istinto, pulsione, vita insomma. Forse le torture e la pornografia a cui il personaggio si sottopone sono l’estremo tentativo di sentire, un esecrabile atto di ribellione passibile di punizione da parte dall’attivissima Antiprovvidenza Inumana, chissà. Non un’apologia del nostro tempo quindi, ma nemmeno una condanna. Semplice osservazione di una realtà piena di senso ma ostile all’essere uomo e per questo difficile da metabolizzare, proprio come questo libro. Alla fine della lettura mi chiedo: l’Umano è ancora possibile? Direi di sì: spiragli di dolcezza sono nel racconto del funerale, negli accenni alla figlia o al direttore. Io credo che da questo libro potrebbe venir fuori un bellissimo fumetto oppure un ottimo film splatter, molto spassoso per gli amanti del genere. Sarebbe un film coi fiocchi! I personaggi ci sono tutti: c’è la sensuale Valentina Mannella, il dj Mickey Mouse, la donna in carriera Kara Murnau, c’è posto addirittura per Vittorio Feltri, e, infine, ovviamente per Giusi S. In alternativa si potrebbe istituire un premio Strenna e far vincere proprio Giusi S., che tanto a Parente i premi non piacciono.

Giusi Sciortino

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